CACCIA, LIPU: CHIUSURA AL 31 GENNAIO E’ LIMITE MASSIMO

In gennaio e febbraio i cieli italiani sono autostrade migratorie.
Sulla stagione di caccia italiana continuano le mistificazioni di parte del mondo venatorio.

Il 31 gennaio è un limite invalicabile per la caccia italiana. Lo dicono l’autorità scientifica nazionale, le regole comunitarie e persino il buon senso.
Dopo l’approvazione in Senato dell’articolo 38 della legge Comunitaria, la LIPU-BirdLife Italia commenta i tentativi di parte del mondo venatorio di giustificare il paventato allungamento della stagione venatoria.
Basti leggere in proposito il documento formalmente trasmesso dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) alla Commissione Ambiente del Senato, non più di pochi mesi fa, secondo cui ragioni biologiche e gestionali rendono inopportuna e sostanzialmente inapplicabile, nel caso di migratori, l’ipotesi di date di chiusura della caccia differenziate per specie e /o per aree geografiche durante il mese di febbraio.
Un parere già di per sé sufficiente a chiudere la questione, considerato che l’ISPRA è l’autorità scientifica e tecnica nazionale sulla materia. Ma è la stessa direttiva europea, rafforzata dalle sentenze della Corte di Giustizia e dagli altri strumenti comunitari, a rincarare la dose.
La direttiva Uccelli, all’articolo 7.4., prevede infatti il divieto di caccia durante il periodo della riproduzione degli uccelli nonché in quello della migrazione verso i luoghi riproduttivi. La Corte di Giustizia ha anche chiarito che questo articolo della direttiva intende garantire un regime completo di protezione (Sentenza del 17 gennaio 1991, Causa 157/89).
Qual è dunque, in Italia, la situazione della migrazione pre-riproduttiva? Il Documento Ornis della Commissione europea informa che i movimenti migratori verso il nord Europa interessano l’Italia già a fine dicembre (Germano reale), per poi aumentare notevolmente nel mese di gennaio (Beccaccia, Merlo, Tordo sassello,Tordo bottaccio, varie specie di anatre eccetera) e ancor più nel mese di febbraio, quando la quasi totalità delle specie cacciabili ha avviato la migrazione verso nord. Insomma, gennaio e febbraio sono, per i cieli italiani, delle vere e proprie autostrade migratorie, per le quali è dunque obbligatorio garantire un regime di protezione completa.
Come si può allora immaginare – sottolinea la LIPU – che la caccia, già ampiamente critica per il mese di gennaio, possa addirittura estendersi al delicatissimo mese di febbraio?
Si consideri anche, a tal proposito, che la Guida comunitaria all’attività venatoria avverte che, nel caso di scaglionamento delle date di chiusura della stagione di caccia (la cosiddetta caccia per specie e tempi), è indispensabile che siano soddisfatti vari fattori, tra cui quello che la caccia ad una specie non sia di disturbo ad un’altra, e quello che non si confondano, nell’abbattimento, specie che risultano simili.
C’è dunque da chiedersi, per fare solo alcuni esempi, come sia ipotizzabile aprire la caccia a febbraio senza il rischio di confondere tra loro femmine di diverse specie di anatre, oppure senza causare disturbo per tutte le altre specie che vivono in ambienti acquatici.
La risposta è che, semplicemente, non è possibile.
Il 31 gennaio è insomma, in assoluta evidenza, il mese limite, dal punto di vista tecnico e scientifico, per la stagione di caccia in Italia. Questo sia detto anche per fare chiarezza sulle ripetute mistificazioni e l’uso “a inchiostro” simpatico che un certo mondo venatorio continua a fare della scienza e delle regole, comunitarie e non: citate quando fanno comodo e solo a sprazzi, regolarmente messe nel cassetto quando si tratta invece di applicarle con serietà.

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